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Mileto: le origini, la capitale normanna, e antiche chiese, il nuovo insediamento


di Giuseppe Currà

Anche se diversi studiosi come il Barrio, il Fiore, il Calcagni, il Piperni fanno risalire, rifacendosi a congetture e leggende, la nascita di Mileto al periodo della Magna Grecia e precisamente a quando Dario re di Persia, distrutta l'omonima città dell'Asia Minore, costringe gli abitanti della stessa a cercare rifugio prima in Sicilia e poi in Calabria, documenti certi in cui per la prima volta appare, come castrum bizantino, Mileto risalgono al IX e X secolo e riguardano il Bios di S. Elia lo Speleota e la cronaca di Arnolfo, datata 946 d.C., dove si narra di Tropeum, et Nicotrum, et Militum a Sa-racenis de Cicilia captae sunt: sed a Calaurensibus in Calimu-ro multi de illis occisi sunt.
Altra testimonianza d'epoca bizantina è una colonna (forse una delle quattro antistanti il porticato della chiesa della Cattolica) con croce inscritta e preghiera incisa in lettere greco-bizantine decifrata Signore proteggi il tuo servo. Il periodo, però, in cui Mileto raggiunge l'acme della gloria è il cinquantennio di dominazione Normanna che va dal 1059 al 1111 allorquando, conquistata gran parte della Calabria, il castrum bizantino è concesso haereditaliter deliberatu da Roberto il Guiscardo, figlio di Tancredi d'Altavilla, al fratello minore Ruggero. Scelto come dimora da Ruggero il castrum, elevato a civitas, diviene capitale della contea che prende appunto il nome di provincia Melitana, abbracciando un territorio che comprende gran parte della Calabria.

Mileto nella veduta del Pacichelli

A Mileto il Conte accentra il potere civile con la costruzione di un palatium-castello sede della corte comitale; il potere economico con l'istituzione di una zecca (1072?) che conia monete in bronzo come il Follare, il Doppiofollaro e il Trifollaro. Il potere religioso con l'edificazione, ad opera dell'abate e architetto Robert de Grandmesnil, della sontuosa Abbazia della SS. Trinità (1062), terza fondata dai Normanni in Calabria dopo quelle di San Marco Argentano e di Sant'Eufemia. L'Abbazia nei primi anni di vita costituisce un priorato dipendente dalla casa madre di Sant'Eufemia ma ben presto, con bolla di Urbano II, viene posta alle dirette dipendenze del Papa.



Pianta dell'abbazia della SS.ma Trinità


Nel 1081 istituisce, accorpando il territorio delle antiche sedi vescovili di Vibona e Tauriana, la prima diocesi di rito latino del meridione.
Per costruire l'Abbazia, la Cattedrale e le altre fabbriche, Ruggero utilizza materiale di spoglio, di matrice classica, proveniente dalle zone limitrofe e dalla stessa Mileto come farebbe supporre il ritrovamento, nel 1939, di alcuni mosaici pavimentali in opus tessellatum e opus sectile, purtroppo irrimediabilmente compromessi e di cui permane una documentazione fotografica, di una villa romana. Con il Conte Mileto, visitata anche da papi, diventa punto d'incontro e di scambi letterari.

Nel 1101, diventato ormai uno dei personaggi più potenti dell'intera Europa, Ruggero muore a Mileto e viene sepolto nell'Abbazia adibita a mausoleo di famiglia, in un sarcofago marmoreo d'epoca romana. Accanto, in un altrosplendido sarcofago del II sec. d.C., decorato con scene d’amazzonomachia, giace Eremburga, seconda moglie del Conte, precedentemente scomparsa.
Morto il gran Conte, la successione passa al figlio minore Ruggero II, nato a Mileto nel 1097 dal matrimonio con la terza moglie Adelaisa del Vasto e che si vuole battezzato da S. Brunone di Colonia, che nel 1111, sotto la reggenza della madre, trasferisce la corte Normanna prima a Messina e poi a Palermo, città dove successivamente sarà incoronato Re di Napoli e di Sicilia. Finito il cinquantennio normanno inizia la decadenza di Mileto che diventa feudo di diversi signori con il titolo di Ducato prima, di Contea e infine di Principato.
La storia civile della città continuerà senza infamia e senza lode intrecciandosi indissolubilmente con la storia religiosa fino al 1783, anno in cui il nefasto terremoto che metterà in ginocchio la Calabria tutta, consiglierà gli abitanti ad abbandonare il vecchio sito e a ricostruire la nuova Mileto tre chilometri più ad ovest su progetto, voluto dai Borboni, dell'architetto Ferraresi e degli ingegneri Winspeare e La Vega. L'assetto urbanistico doveva essere di forma rettangolare con sette vie longitudinali, intersecate da nove vie perpendicolari; erano previste quattro piazze simmetricamente disposte ed una grande piazza centrale. La realizzazione | pratica si discosta poco dal primitivo progetto e l'odierno centro storico ricalca in toto la primitiva pianta, tranne che nella piazza centrale, sostituita dalla villa comunale. Oggi nel vecchio sito nulla rimane del palatium -c castello che si presuppone si trovasse nei pressi dell'antico Duomo. La fabbrica, come ci ricorda nelle sue memorie lo storico Ignazio Piperni, era ancora visibile nel 1744. Pochi ruderi restano invece del convento benedettino, mentre notevoli sono i resti della chiesa monastica.


Mosaico pavimentale rinvenuto in Mileto nel 1939

La chiesa, come si evince anche da alcuni disegni del '500 custoditi presso il Pontificio Collegio Greco di Roma e dai rilevamenti dello studioso Giuseppe Occhiato era dotata di una sorprendente chiarezza ed armonia fra i vari corpi. Il corpo longitudinale presentava, come ci dice lo stesso Occhiato, uno schema basilicale a tre navate, diaframmate da quindici colonne di recupero su cui poggiavano ampie arcate a tutto sesto; la copertura era a travature lignee. Il corpo orientale si sviluppava in un profondo coro tripartito, di tipo cluniacense, desinente in tre absidi lievemente gradonate, innestate su un ampio corpo trasversale sporgente oltre i muri d'ambito delle navate. I bracci laterali del transetto ripetevano in pianta il quadrato della crociera, ed erano collegati all'interno delle navate da archi; anche il triplice coro era internamente collegato mediante tre archi alla crociera ed alle ali del vano trasversale. Robusti pilastri cruciformi in corrispondenza del quadrato di crociera sorreggevano la cupola - tiburio, molto alta, e ad essi erano addossate delle colonne, secondo un atteggiamento di sapore islamico. Con questa tipica disposizione iconografica, lo chevet della Trinità ricordava molto da vicino le costruzioni ecclesiali benedettine della Normandia, delle quali si trapiantavano qui, in Calabria, i sistemi compositivi per mezzo dei monaci-architetti venuti dall'abbazia di St. Evroul-sur-Ouche. La lunghezza totale della chiesa era di 74 mi circa; quella del corpo longitudinale, di mi 44. La larghezza delle navate era complessivamente di mi 28, mentre le misure del transetto erano di mi 39 circa per 10,90, con una sporgenza di mi 5,70 su ciascun lato. L'interasse delle colonne era di mi 4,85 circa. Il campanile, di forma quadrata, sorgeva all'interno della navata destra ed era edificato in linea con il prospetto principale della chiesa.Le superfici murarie esterne erano decorate in opus quadratum, movimentate da piatte lesene concluse da archi a pieno centro.

Ancora più scarsi sono i ruderi della Cattedrale ma i reperti esistenti e alcuni schizzi planimetrici eseguiti prima del terremoto del 1783 oltre ad aver permesso di identificare la presenza di una cripta ci fanno capire che pur se non poche erano le differenze nei confronti della chiesa abbaziale, in ambedue le fabbriche per la prima volta venne sperimentata una combinazione che intrecciava la cultura cluniacense con quella latina. L'interno della chiesa era diviso in tre navate da due file di colonne abbinate senza base. che sostenevano archi acuti.
Dall'esigenza di dare definitiva sistemazione e valorizzazione all'enorme patrimonio artistico di questa città dal glorioso passato nasce nel 1991, con un atto di convenzione tra il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e altri Enti, il Museo statale inaugurato nel 1997. La raccolta museale, divisa in sezioni determinate dalla sequenza cronologica contiene reperti marmorei che vanno dal II al XVII secolo tra i quali spiccano i sarcofagi del trecento, attribuiti al Maestro di Mileto, appartenenti alla famiglia Sanseverino, monete provenienti dalla zecca di Mileto, frammenti vitrei delle finestre dell'antica Abbazia, considerate un unicum nel meridione, lo splendido Crocifisso eburneo (X-VII secolo) d’Alessandro Algardi, prototipo di una serie di Crocifissi sparsi in diverse chiese e collezioni d'Europa, argenti, paramenti sacri e opere pittoriche del XVII e del XIX secolo.

La capitale normanna